“Io mi sento
cubano. E per sfortuna lo sono”. Se Wilfredo Leon avesse voglia di canticchiare
e conoscesse la lingua italiana e Giorgio Gaber, forse canterebbe così. Inutile
negarlo, qualche mese fa ci eravamo un po’ tutti illusi che davvero Cuba
volesse cambiare atteggiamento nei confronti dei suoi “figli” affezionati,
semplicemente restituendo loro la dignità che ogni essere umano merita, a
prescindere dal luogo in cui è nato. Si parlava di aperture in un’epoca in cui
le chiusure paiono sempre più mostruose, illogiche. E avevamo abboccato, avevo
anch’io creduto che ormai perfino Cuba potesse cambiare. A costo zero,
recuperando la simpatia che il popolo cubano merita, inducendoci a far finta di
non rammentare gli sgarbi fatti a Tai Aguero e alla sua mamma morente nel 2008,
le squalifiche biennali inflitte a tanti ragazzi campioni del volley (da
Marshall a Simon) la cui unica colpa era quella di sognare un futuro migliore
grazie alla loro abilità nel giocare a pallavolo.
Wilfredo
Leon non ha ancora 20 anni, è cresciuto con il mito del grande Joel Despaigne
(che ora vive in Italia, lavora con l’IHF Frosinone, A2 femminile), fosse nato
in qualsiasi altro posto del mondo avrebbe risolto la sua vita con ingaggi a
vari zeri, dopo aver trovato l’amore che lo ha condotto in Polonia.
Lesa maestà!
E’ stato estromesso dalla Nazionale per la World League e ora la Federazione
cubana non lascia ma raddoppia: quattro anni di squalifica. E’ vero che
Wilfredo è giovane e anche tornando a 24 anni, dopo quattro stagioni di stop,
potrebbe cercare di riprendersi i suoi sogni, ma una simile pena è
intollerabile. Quattro anni di stop si infliggono a chi si macchia del reato di
doping. Non a chi si innamora e vorrebbe lavorare sfruttando le sue qualità.
E qui
subentrano le complicità contro cui ogni anima civile ha il dovere di
mobilitarsi. Era intollerabile il comportamento alla Ponzio Pilato della
Federazione Internazionale di Volleyball. Acosta umanamente capiva i giocatori,
era dalla loro parte, ma poi non voleva mettersi in confitto con la federazione
caraibica. A qualcuno forniva l’”umbrella” protettiva della Fivb, ad altri no.
E i condannati dovevano restare due anni senza poter lavorare/giocare.
Intollerabile. Scandaloso.
Mai però
come assistere passivamente ad una sanzione quadriennale, assolutamente fuori
dal tempo e dalla civiltà. Agghiacciante, direbbe Antonio Conte, l’allenatore
della Juventus. Quando si parla di diritti umani non si possono ignorare le
prese di posizione della federazione cubana di pallavolo. Certo, non si tratta
di sterminio di massa, carcerazione preventiva o torture (almeno per quel che
ne so…). Ma stiamo parlando anche di un Paese di cultura e tradizioni come
Cuba.
La Fivb e il
suo nuovo presidente, il brasiliano Ari Graca, ha il dovere di prendere posizione.
Wilfredo Leon è stato uno degli “eroi” della Fivb nell’ultima World League, un
campione su cui la stessa Fivb ha puntato per lo sviluppo del volley. Beh, caro
presidente Graca, gli eroi vanno trattati bene e difesi dalle angherie che
subiscono. Il mondo della pallavolo, del volleyball, nel 2013 non è disposto a
sopportare che un suo giovane talento sia “gambizzato” per quattro anni e tolto
vigliaccamente di mezzo. Il mondo è cambiato, e quasi sempre e ovunque in
peggio. Ma la voglia di indignarci c’è sempre e oggi può farsi sentire da un
continente all’altro grazie alla rete. Basta con le squalifiche dei giocatori
cubani. E non venga a parlare di ingerenze, non venga a raccontare che le
federazioni sono sovrane. Sovrano è il diritto delle persone di scegliere la
propria vita, se non fanno male a nessuno. Presidente Graca, serve un coraggio
da… Leon. Lei ce l’ha?*
Ci vorrebbe un amico...
Non so
perché ma mentre scrivevo mi è tornato alla mente un film ed il suo personaggio
interpretato da Jean Reno. Lui si che saprebbe come fare…
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