VOLLEY Il cuore italiano di Indre Sorokaite



Questa è la storia di Indre Sorokaite, nata a Kaunas 25 anni fa, nella patria del basket e dello Zalgiris, da una famiglia di sportivi. Il papà Rimas giocava a basket, la mamma Rosa a pallavolo, un equilibrio che i figlioli non hanno alterato. Con l’aiuto della mamma, Indre ha cercato fortuna in Italia giocando a volley, il fratello Paulius Sorokas, è rimasto col padre sotto canestro.
        La famiglia si riunisce d’estate, quando Indre e Paulius fanno coppia fissa sui campi di beach volley. Avrebbe dovuto giocare a basket anche lei, perchè in Lituania lo sport dei canestri è una seconda religione («Se il mondo ha scoperto la Lituania è stato grazie a Sabonis»).
        I suoi ricordi d’infanzia galleggiano tra questi due sport: le partite di volley della mamma, i voli verso il canestro tra le braccia del padre. E le serate davanti alla tv a tifare Zalgiris nelle partite dell’Eurolega.

 Poi però, da ragazza, quando si trattò di scegliere i genitori le dissero che l’avrebbero portata prima sul campo del volley e poi su quello di basket. Ma per Indre ci fu solo la prima tappa, fu decisivo l’imprinting, il primo palleggio e la consapevolezza che quello sarebbe stato il suo sport.
        Per far capire le sue sensazioni di allora, Indre rimanda al film di Wes Craven, “August Rush, La musica del cuore”: «Spiega in un attimo la sensazione che ho nei confronti della pallavolo e cosa provo quando gioco. Il mio film però lo chiamerei la pallavolo del cuore»
        Per la sua famiglia lo sport è stato un crocevia affettivo e professionale. Per tutta la vita i suoi genitori si sono sacrificati per i figli, arrivando a dividersi per non ostacolare la loro carriera.
        Il volley italiano allora era il top per chi volesse provare a far carriera, così Indre e la mamma decidero di provarci, di inseguire il sogno di una vita diversa in un posto dove le donne possono essere liberamente protagoniste della loro vita. Aveva 15 anni Indre, quando andò a giocare a Montesilvano, in B2. Poi bruciò le tappe. Due stagioni in A2 con il Castelfidardo, quindi l’occasione di andare a fare l’opposto di riserva a Bergamo, l’apprendistato con le campionesse della Foppa, le due Champions. Poi l’esperienza a Chieri, bella ma finita male. Quindi l’estero. A Baku prima, in Giappone nella prossima stagione, con l’Airbees Denso, a Nishio.
        Giocando nel ruolo di opposto, quando sono emerse le sue qualità l’ambiente azzurro ha iniziato a seguirla, registrando i suoi progressi e concretizzando i sogni della ragazza di Kaunas, italiana da sempre per tesseramento, pur non avendo il passaporto. La Lituania non prevede il doppio passaporto, per cui Indre ha dovuto scegliere: «Ho sangue lituano e un cuore italiano. E’ una frase che mi rappresenta e che dico a tutti»

 Cresciuta con la rigida educazione lituana, ha coltivato determinazione e voglia di indipendenza. Si è riconosciuta nelle caratteristiche dei bergamaschi, chiusi e diffidenti inizialmente, ma poi capaci di aprirsi con generosità. E dopo dieci anni di Italia, è diventata un mix delle due culture, imparando il gusto per la moda, il cinema, la musica e l’amore per la cucina, al punto da confessare di non saper più rinunciare all’olio d’oliva, al parmigiano e alla mozzarella («Quella buona pugliese...»).




Quando per la prima volta si è trovata al centro del campo ad ascoltare l’Inno italiano con la maglia della Nazionale addosso, Indre Sorokaite si è commossa. Il 7 giugno ad Alassio gli occhi si sono inumiditi e arrossati.
        «Qualcuno l’ha vista come una cosa ridicola. Ma per me è stato molto commovente. Erano lacrime di gioia, di felicità, di ringraziamento. In quel minuto così emozionante ho pensato a tutti. La maglia azzurra è un sogno raggiunto, l’anno prima la provavo di nascosto in camera... Ero fierissima di poter cantare l’inno italiano, di sentirmi completamente italiana. Anche se abbiamo perso col Giappone, non dimenticherò mai quella serata»
        Una scelta ponderata, dettata da un’esigenza personale più che dalla convenienza.
        «Si è quel che si è, non si dimentica da dove si viene. Scegliere non è stato facile ma io dopo dieci anni che vivo qui ormai mi sento italiana a tutti gli effetti. Voglio avere una casa in Italia, crearmi una famiglia. Non è stata una scelta dettata solo dalla Nazionale. Sono italiana e ne sono fiera perchè l’Italia mi rappresenta, mi sento metà e metà in tutto. Ma non era semplice decidere, per la mia cultura, per come sono cresciuta. E ora finalmente ho un’identità»
        La Nazionale è stata il coronamento della sua scelta di vita. Il prossimo obiettivo?
        «Sognavo la prima partita in azzurro, poi una trasferta lunghissima, oltre le 9 ore di viaggio. E ci sono riuscita. Ora il traguardo sarebbe trovare un posto nella squadra che andrà agli Europei»
        Il ct Marco Mencarelli ha creduto in lei. E con Paolo Tofoli in panchina, domenica a Taiwan ha festeggiato il raggiungimento della Final Six del Grand Prix. Come si è trovata entrando nell’ambiente della Nazionale?
        «Sentivo la responsabilità ma non pensavo nulla, ero solo felice di poter rappresentare un Paese che sento dentro. Siamo l’Italia! Una passione, un amore che mi vengono da dentro. penso di avere tanti palloncini che circolano nel mio sangue. Giochiamo in orari strani, giriamo il mondo, ci dobbiamo abituare. E’ bello vedere posti diversi. Mi trovo davvero bene. Ci alleniamo tanto e a 25 anni penso di poter avere margini di miglioramento, non mi sento vecchia. Credo in questo: se si è bravi si può diventare bravissimi. Siamo tutti qui per un obiettivo, ognuna di noi vuole dare il massimo per questa maglia, sperando di meritare un posto per gli Europei. Dico che se pensi positivo, poi arrivano i risultati positivi»
        L’attende una stagione in Giappone.
        «Sono contenta e soddisfatta della mia scelta, spero di migliorare nel bagher, per la ricezione, voglio diventare una pallavolista completa. Sono cresicuta sia psicologicamente che tecnicamente, ma voglio ancora migliorare. E’ una grande sfida e a me piacciono le sfide»
        Un’italiana della Lituania alla scoperta del Giappone.
        «Un po’ di paura c’è, perchè è tutto diverso. Non vorrei sbagliare inchini o strette di mano, ma sarà solo questione di abitudine. Però non mi spavento. Dieci anni fa ho cambiato tutto, potrò confrontare le mie varie anime»
        Anche a tavola l’attendono novità.
        «Il cibo mi piace, specie i dolci, sono golosissima ma non posso permettersi certi lussi essendo un atleta. Sono più brava a mangiare che a cucinare. Preparo cose semplici, veloci. Da lituana preferisco la carne alla pasta. Ma amo la cucina italiana perchè è fatta di ingredienti freschi ed efficaci. Ma penso che se un italiano assaggiasse “cepelinai” (piatto a base di patate grattugiate ripiene di carne trita oppure di formaggio, ndr), poi lo vorrebbe rifare assolutamente»
 


Sul Corriere dello Sport di mercoledi 21 agosto 2013

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