VOLLEY Ivan Zaytsev dopo lo scudetto se ne va in Russia: Ora so come si vince

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Scelse Macerata per dare una svolta vincente alla sua carriera e vivere una giornata come quella di domenica al PalaEvangelisti, nella sua Perugia dove visse da bambino, accanto al padre Viacheslav allenatore. E quando Podrascanin ha murato l'ultimo attacco perugino, Ivan Zaytsev ha messo la sua crestona bionda allo scudetto, prima della nuova avventura in quella che una volta era la madre Russia. Dopo una notte di festeggiamenti scioglie la tensione divertendosi su un pistino di kart.
        «Si è concluso un percorso di crescita. Abbiamo lavorato tanto per chiudere la partita decisiva fuori casa, dopo un anno che ci hanno tirato... addosso, dovevamo vincere per forza. Abbiamo gettato una base importante per un percorso vincente. Siamo caduti qualche volta, abbiamo sbagliato solo due partite anche se erano gare importanti. E' stato un anno allucinante ma l'abbiamo chiuso bene. Sono certo che il gruppo è talmente forte che saprà trasmettere il carattere vincente e aiuterà i nuovi ad integrarsi»
        Ha raggiunto ciò che inseguiva quando lasciò Roma.
        «Sì, la Lube è sempre stata ai vertici e la società merita un plauso per quello che riesce a fare anche in questo periodo di crisi economica»
        Quale è l'impronta di Ivan Zaytsev sul terzo scudetto della Lube?
        «Non so, posso dire di aver dato tutto me stesso, il massimo. Mi sono fatto conoscere per come sono veramente: sincero, onesto, sanguigno. Credo di essere all'apice della crescita, della mia maturazione fisica e tecnica. Spero e credo che questa vittoria finalmente raggiunta si riveli una delle tante. Perchè è vero che se non vinci non sai come si fa, non conosci il gusto. Ora con questo scudetto arriva una consapevolezza in più: adesso so cosa devo fare per vincere. Senza dimenticare che sono stato molto aiutato da tutti»
        Cosa le ha insegnato il suo allenatore Giuliani?
        «Oltre ad essere una bellissima persona, se devo scegliere una cosa dico tutto il sistema di gioco: non staccare mai la testa dalla partita, saper riconoscre quando poter e dover rischiare e quando affidarsi alla tattica. Me ne vado a Mosca arricchito di uno scudetto e una supercoppa, più sicuro e maturo»
        A chi dedica lo scudetto?
        «A mia moglie Ashling: è sempre stata con me, a supportarmi e sopportarmi, rendendomi la vita più semplice. Ed al nostro bambino che nascerà ad ottobre». Sarà un maschietto, si è saputo proprio ieri.
        Ivan sceglie l'immagine di questo tricolore.
        «Il comunicato di Baranowicz,  che abbiamo scritto tutti insieme e che è stato importante per l'unione della squadra nel momento in cui siamo caduti e infuriavano le polemiche.  Ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti: andiamo a prenderci o scudetto».
         I serbi hanno infiammato la finale, sia i suoi compagni Stankovic e Podrascanin, che i perugini Atanasijevic e Petric.
        «Loro due hanno trascinato la Sir. Certo, che effetto mi faceva giocare contro il mio testimone di nozze, Adriano Paolucci, e Goran Vujevic con cui sono stato in camera ai tempi  di Perugia. Riguardo la Serbia, penso sia una grande squadra, anche se gli manda un po' il palleggiatore»
        Palleggiatore, schiacciatore, opposto. Contento della sua trasformazione?
        «Sì, moltissimo. Questo è il ruolo in cui mi esprimo meglio»
        Con il suo trasferimento alla Dinamo Mosca, il campionato italiano perde un altro campione. Ripartirà sicuramente più povero.

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