CALCIO Champions League: Juventus e la maledizione dei gol lampo in finale

 Dal Corriere dello Sport 8 giugno 2015
 
Sei sconfitte in otto finali di Coppa Campioni-Champions League: un primato di cui la Juventus avrebbe fatto volentieri a meno. Dopo Berlino ha...staccato Bayern Monaco e Benfica, cinque volte finaliste sconfitte. Come si fa a non definirla la dannata coppa? Tre delle sei amarezze in finale sono maturate nei primissimi minuti di gioco. Fin dalla prima occasione, a Belgrado nel 1973 contro l’Ajax: dopo nemmeno 4 minuti di gioco il colpo di testa vincente di Johnny Rep, che spedisce beffardamente alle spalle di Zoff un cross di Blankenburg su cui Longobucco non arriva. 
Dieci anni dopo la Juve arriva alla finale con l’Amburgo da favorita, dopo aver eliminato i campioni uscenti dell’Aston Villa. Pare che una maga avesse predetto: «Se la Juve non prende gol nei primi dieci minuti, vincerà la Coppa dei Campioni». Magath realizzò la rete decisiva all’ottavo minuto. Un tiro da fuori area, una traiettoria su cui Zoff non riuscì ad intervenire, un incubo da cui la super Juve dei campioni del mondo dell’82, più Platini e Boniek, non seppe uscire. Ecco perchè quando l’altra sera Rakitic ha battuto Buffon dopo tre minuti e mezzo di gioco, a conclusione di una serie di 16 passaggi tra nove giocatori del Barca, si è avuta la sensazione di rivivere una notte stregata, come a Belgrado e ad Atene. Da quando la Coppa Campioni è diventata Champions, solo Maldini e Mendieta hanno impiegato meno tempo a segnare in una finale. E mai il Barcellona aveva segnato così in fretta. 
La storia bianconera del resto è segnata da episodi avversi ed errori, da un destino che non le è mai stato favorevole. E la tragedia dell’Heysel nell’85 è un doloroso capitolo a parte. Si salva la magica notte di Roma nel 1996, quando l’Ajax fu sconfitto solo ai rigori ma dopo che nei tempi regolamentari la squadra di Lippi aveva creato moltissime occasioni meritando ampiamente il successo.
La Juve nel suo migliore ciclo Champions arrivò a giocare tre finali consecutive, ma perse le due successive. Con il Borussia Dortmund imbottito di ex juventini (da Paulo Sousa a Moeller, da Kohler a Reuter) dopo la grande occasione fallita da Vieri, in cinque minuti (al 29’ e al 34’) Peruzzi incassò due gol dall’ex laziale Riedle. Allora Lippi, dopo il palo di Zidane, si decise a mettere in campo Del Piero (al posto di Porrini) che segnò un bellissimo gol di tacco, dando l’illusione di poter riacciuffare i tedeschi. Ma Ricken, appena entrato, vide Peruzzi fuori dai pali e decise di beffarlo con un pallonetto maligno che scavalcò il portiere juventino. 3-1 e partita chiusa.
    Ma almeno in quell’occasione ci fu solo da recitare il mea culpa. Ben altra storia l’anno dopo, quando all’Amsterdam Arena la Juve perse ancora, stavolta contro il Real Madrid, a causa di un gol segnato da Mijatovic in netto fuorigioco. Ancora oggi, a riguardarlo, ci si chiede come abbia potuto non accorgersene l’arbitro tedesco Krug. Fu una brutta finale, avara di bel gioco ed emozioni, decisa da un errore arbitrale, tornato in mente sabato quando il turco Cakir non ha sanzionato con il rigore il fallo di Dani Alves su Pogba. 
Nel derby italiano col Milan all’Old Trafford di Manchester, finale del 2003 persa ai rigori, poca fortuna sul palo colpito da Conte (ma soprattutto pesò l’assenza del poi Pallone d’oro Nedved, ammonito negli ulimi minuti della semifinale col Real Madrid). Va detto che anche Evra non scherza in quanto a sortilegio Champions: ha giocato cinque finali con Monaco, Manchester e Juventus vincendone solo una e perdendone tre contro il Barcellona! Quello di Morata a Berlino è stato il quarto gol juventino (dopo quelli Platini, Ravanelli e Del Piero) nelle finali Champions. Dieci le reti subite.
A proposito di Morata: lo spagnolo bianconero è il secondo giocatore juventino capace di segnare contro Real Madrid e Barcellona nella stessa edizione della Champions League. Impresa riuscita anche a Nedved nella stagione 2002-2003. 

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